Ricorso ex art. 127 della  Costituzione  per  il  Presidente  del
Consiglio   dei   ministri,   rappresentato   e   difeso   ex    lege
dall'Avvocatura  generale  dello  Stato  presso  i  cui   uffici   e'
domiciliato in Roma alla via dei Portoghesi, 12; 
    Contro la  Regione  Siciliana,  in  persona  del  Presidente  pro
tempore, con sede in piazza Indipendenza, 21 - 90129 Palermo, per  la
declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 12 e
13, della legge regionale 28 novembre 2019, n. 19, come  da  delibera
del Consiglio dei ministri in data 23 gennaio 2020. 
    Nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana  n.  54  del  30
novembre 2019, e' stata pubblicata la  legge  regionale  28  novembre
2019, n. 19, recante: «Disposizioni  per  la  rideterminazione  degli
assegni vitalizi». 
    L'art. 1 (rubricato «Ricalcolo assegni vitalizi») di  tale  legge
regionale al comma 12, cosi' recita: 
        «Gli effetti di  risparmio  discendenti  dalle  modalita'  di
calcolo contributivo previste dal  presente  articolo  alla  data  di
entrata in vigore della presente legge sono rapportati in percentuale
rispetto alla spesa complessiva  consolidata  alla  stessa  data  per
assegni vitalizi diretti in corso di  erogazione.  Tale  percentuale,
diminuita del 26  per  cento,  costituira'  il  valore  di  riduzione
individuale degli assegni vitalizi diretti e di reversibilita' per un
periodo di cinque anni dalla data di entrata in vigore della presente
legge». 
    Il medesimo articolo, al successivo comma 13, cosi' recita: 
        «La  percentuale  di  riduzione  individuale  degli   assegni
vitalizi  diretti  derivante  dall'applicazione  del  comma   12   e'
incrementata di una quota aggiuntiva del 5 per  cento  per  la  parte
eccedente l'importo di 37.000 euro  lordi  annui  e  di  un'ulteriore
quota aggiuntiva del 5 per cento per la parte eccedente l'importo  di
62.000 euro lordi annui, per il medesimo periodo di  cinque  anni  di
cui al comma 12». 
    Il  Governo  ritiene  che  tale  legge  sia   censurabile   nella
disposizione contenuta  nell'art.  1,  commi  12  e  13  della  legge
regionale n. 19/2019, per contrasto con gli articoli 3, e 117,  comma
3, della Costituzione, nonche' con gli articoli 14 e 17 dello Statuto
della Regione Siciliana approvato con regio  decreto  legislativo  15
maggio 1946, n. 455. 
    Propone pertanto  questione  di  legittimita'  costituzionale  ai
sensi dell'art. 127, comma 1, della Costituzione per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
    L'art. 1, comma 965, della legge 30 dicembre 2018, n.  145,  come
successivamente modificato dall'art. 45, comma  1,  decreto-legge  30
aprile 2019, n. 34, (convertito, con modificazioni,  dalla  legge  28
giugno 2019, n. 58), ha previsto che 
        «Ai fini del  coordinamento  della  finanza  pubblica  e  del
contenimento della spesa pubblica, a  decorrere  dall'anno  2019,  le
regioni e le Province  autonome  di  Trento  e  di  Bolzano,  con  le
modalita' previste dal proprio ordinamento, entro il 30 maggio  2019,
ovvero entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della  presente
legge qualora occorra procedere a modifiche statutarie, provvedono  a
rideterminare, ai sensi del comma 966, la disciplina dei  trattamenti
previdenziali e dei vitalizi gia' in essere in favore di  coloro  che
abbiano  ricoperto  la  carica  di  presidente  della   regione,   di
consigliere regionale o di assessore regionale. Qualora gli  enti  di
cui al primo periodo non vi provvedano entro i termini  previsti,  ad
essi non e' erogata una quota pari al 20 per cento dei  trasferimenti
erariali a loro favore diversi da quelli destinati  al  finanziamento
del Servizio sanitario nazionale, delle politiche sociali  e  per  le
non autosufficienze e del trasporto pubblico locale. Le  disposizioni
di cui al presente comma si applicano anche alle regioni nelle quali,
alla data di entrata in  vigore  della  presente  legge,  si  debbano
svolgere le consultazioni elettorali entro centottanta  giorni  dalla
data di entrata in vigore della presente legge. Le regioni di cui  al
terzo periodo adottano le disposizioni di cui al primo periodo  entro
tre  mesi  dalla  data  della  prima  riunione  del  nuovo  consiglio
regionale ovvero, qualora occorra procedere a  modifiche  statutarie,
entro sei mesi dalla medesima data». 
        «I  criteri  e  i  parametri  per  la  rideterminazione   dei
trattamenti previdenziali e dei vitalizi di cui  al  comma  965  sono
deliberati in sede di Conferenza permanente per  i  rapporti  tra  lo
Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano entro
il 31 marzo 2019, con intesa ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della
legge 5 giugno 2003, n. 131, al  fine  di  favorire  l'armonizzazione
delle  rispettive  normative.  In  caso  di  mancato   raggiungimento
dell'intesa entro il 31 marzo 2019 le regioni e le province  autonome
provvedono in ogni caso a rideterminare i trattamenti previdenziali e
i vitalizi di cui al comma 965 entro i termini previsti dal  medesimo
comma, secondo il metodo di calcolo contributivo.» 
    Infine il successivo comma 967 ha disposto che 
        «Gli  enti  interessati   documentano   il   rispetto   delle
condizioni di cui al comma 965, secondo i criteri  di  cui  al  comma
966, mediante comunicazione da inviare alla Presidenza del  Consiglio
dei ministri - Dipartimento per gli affari regionali e le  autonomie,
entro  il  quindicesimo   giorno   successivo   all'adempimento.   Il
Dipartimento per gli  affari  regionali  e  le  autonomie,  entro  il
quindicesimo giorno successivo al  ricevimento  della  comunicazione,
trasmette al Ministero dell'economia e delle  finanze  l'attestazione
relativa al rispetto degli adempimenti. Entro il quindicesimo  giorno
successivo alla scadenza dei termini  stabiliti  dal  comma  965,  il
Dipartimento per gli affari regionali e  le  autonomie  trasmette  al
Ministero dell'economia e delle  finanze  l'elenco  delle  regioni  e
delle province  autonome  che  non  hanno  inviato  la  comunicazione
prescritta  dal  presente  comma,  ai  fini   dell'esecuzione   della
riduzione  lineare  dei  trasferimenti  prevista  dal  comma  965.  I
trasferimenti sono riconosciuti per intero a  partire  dall'esercizio
in cui la regione abbia adempiuto». 
    La prevista intesa  e'  stata  adottata  il  3  aprile  2019  (v.
Allegato 2) e prevede in particolare i seguenti criteri  e  parametri
per la rideterminazione degli assegni vitalizi: 
        a) la  rideterminazione  si  applica  agli  assegni  vitalizi
comunque  denominati,  diretti,  indiretto   o   di   reversibilita',
considerando  il  loro  importo  lordo,  senza  tenere  conto   delle
riduzioni temporanee disposte dalla normativa vigente; 
        b) la rideterminazione si applica agli  assegni  vitalizi  in
corso di erogazione e quelli non ancora erogati, con  esclusione  dei
trattamenti  previdenziali  il  cui  ammontare  e'   stato   definito
esclusivamente sulla base del sistema di calcolo contributivo; 
        c) a seguito della rideterminazione, la spesa per gli assegni
vitalizi, in erogazione, in ciascuna Regione non  puo'  superare,  al
momento dell'applicazione della nuova disciplina, la spesa necessaria
all'erogazione dei medesimi assegni  ricalcolati  con  il  metodo  di
calcolo contributivo sulla base della nota metodologica allegata alla
presente intesa incrementata fino a 26 per cento e, comunque,  di  un
importo pari a quello necessario a garantire che, per  effetto  della
rideterminazione,  ciascun  assegno  vitalizio  di  importo  pari   o
superiore a due volte il trattamento minimo INPS non sia inferiore  a
tale importo; in ogni caso, la spesa  non  puo'  essere  superiore  a
quella sostenuta sulla base della normativa vigente; 
        d)  l'ammontare  dell'assegno  vitalizio,  a  seguito   della
rideterminazione, non puo' comunque  superare  l'importo  erogato  ai
sensi della normativa vigente. 
    L'intesa prevede altresi' che (Allegato 2, punto 3) che 
        «Per consentire di completare gli adempimenti  amministrativi
necessari,  l'applicazione  delle  disposizioni  che   prevedono   la
rideterminazione degli assegni vitalizi puo' essere differita  a  non
oltre il sesto  mese  successivo  alla  loro  entrata  in  vigore.  A
decorrere dalla data di applicazione della  rideterminazione  cessano
di avere efficacia le eventuali disposizioni che prevedono  riduzioni
temporanee degli assegni vitalizi in essere.». 
    Gli   importi   degli   assegni    vitalizi    derivanti    dalla
rideterminazione sono soggetti a rivalutazione automatica annuale,  a
partire dall'anno successivo all'applicazione della rideterminazione,
sulla base dell'indice ISTAT di  variazione  dei  prezzi  al  consumo
(FOI) (Allegato 2, punto 4). 
    Sulla base del punto 2  dell'intesa,  poi,  la  Conferenza  delle
Regione e delle Province autonome ha approvato, sempre  il  3  aprile
2019, uno specifico documento di indirizzo volto  ad  armonizzare  le
normative  regionali,   prevedendo   l'applicazione,   in   sede   di
rideterminazione degli assegni vitalizi, di  specifiche  clausole  di
salvaguardia al fine di  tutelare  i  principi  di  proporzionalita',
ragionevolezza e di tutela dell'affidamento. 
    In  base  al  combinato  disposto  dell'intesa  della  Conferenza
Stato-Regione e del  documento  d'indirizzo  della  Conferenza  delle
regioni, la spesa per gli assegni  vitalizi  rideterminati  non  puo'
dunque superare  la  spesa  che  la  Regione  avrebbe  sostenuto  per
l'erogazione dei medesimi assegni ricalcolati sulla base  del  metodo
contributivo sancito dalla nota metodologica,  incrementata  fino  al
26%. 
    La legge regionale all'art. 1, comma 12 e 13 si pone in contrasto
con gli articoli 14 e  17  dello  Statuto  della  Regione  Siciliana,
nonche' degli articoli 3 e 117, comma 3 della Costituzione. 
    Com'e' noto in base  all'art.  17  dello  Statuto  della  Regione
Siciliana approvato con regio decreto-legge n. 455/1946,  la  Regione
puo' emanare leggi «Entro i limiti dei principi ed interessi generali
cui si informa la legislazione dello  Stato»,  mentre  il  precedente
art. 14 attribuisce alla regione una potesta'  legislativa  esclusiva
«nei limiti delle leggi costituzionali dello Stato». 
    La disposizione si pone del pari in  contrasto  con  l'art.  117,
comma  3  della  Costituzione,  che  attribuendo  alla   legislazione
concorrente il «coordinamento della finanza pubblica  e  del  sistema
tributario», impone a tutte  le  regioni  il  rispetto  dei  principi
fondamentali del sistema. 
    Come ha precisato costantemente la Corte (sentenza n. 156/2015): 
        «i  principi  fondamentali  della  legislazione  statale   in
materia di coordinamento  della  finanza  pubblica,  funzionali,  tra
l'altro,  a  garantire  l'unita'  economica  della  Repubblica  e   a
prevenire squilibri di bilancio, sono applicabili anche alle  Regioni
a statuto speciale ed alle Province autonome, in quanto necessari per
preservare l'equilibrio  economico-finanziario  del  complesso  delle
amministrazioni pubbliche in riferimento a  parametri  costituzionali
(articoli 81, 119 e 120 della Costituzione) e  ai  vincoli  derivanti
dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea (articoli 11 e  117,
primo comma, della Costituzione): equilibrio  e  vincoli  oggi  ancor
piu' pregnanti nel quadro delineato dall'art. 2, comma 1, della legge
costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (Introduzione del  principio  del
pareggio di bilancio  nella  Carta  costituzionale)  che,  nel  comma
premesso all'art. 97 della Costituzione, richiama il complesso  delle
pubbliche   amministrazioni   ad   assicurare,   in   coerenza    con
l'ordinamento dell'Unione europea,  l'equilibrio  dei  bilanci  e  la
sostenibilita' del debito pubblico (sentenza n. 60 del 2013)». 
    Ed ancora 
        «Per i medesimi motivi, la Corte  ha,  altresi',  specificato
che la competenza in materia di coordinamento della finanza  pubblica
consente allo Stato di imporre alle Regioni a statuto speciale e alle
Province autonome limiti analoghi a quelli che valgono per le Regioni
a statuto ordinario,  nelle  more  delle  trattative  finalizzate  al
raggiungimento degli accordi che si rendano necessari (sentenze n. 82
del 2015, n. 120 del 2008, n. 169 e  n.  82  del  2007,  n.  353  del
2004)». 
    Orbene, entrambi i citati commi dell'art. 1 della legge regionale
impugnata, non rispettano ne' le disposizioni contenute nell'art.  1,
commi 965 e 966, della legge statale n. 145/2018, ne' l'intesa del  3
aprile 2019, ai sensi delle quali, ai fini  del  coordinamento  della
finanza pubblica e del contenimento della spesa pubblica, a decorrere
dall'anno 2019, le regioni, anche ad autonomia speciale, sono  tenute
a rideterminare la disciplina dei  trattamenti  previdenziali  e  dei
vitalizi gia' in essere in favore di coloro che  hanno  ricoperto  la
carica di  presidente  della  Regione,  di  consigliere  o  assessore
regionale. 
    In  particolare  le  disposizioni  impugnate  divergono  e  dalle
previsioni statali e dai criteri e  parametri  contenuti  nell'intesa
deliberata dalla Conferenza Stato-regioni il 3 aprile 2019 laddove la
nuova disciplina e' testualmente limitata nella sua applicazione a un
periodo  di  tempo  determinato  (cinque  anni),  senza  che  analoga
previsione sia contenuta nelle citate disposizioni. 
    In particolare l'intesa, al paragrafo 3, prevede che: 
        «Per consentire di completare gli adempimenti  amministrativi
necessari,  l'applicazione  delle  disposizioni  che   prevedono   la
rideterminazione degli assegni vitalizi puo' essere differita  a  non
oltre il sesto  mese  successivo  alla  loro  entrata  in  vigore.  A
decorrere dalla data di applicazione della  rideterminazione  cessano
di avere efficacia le eventuali disposizioni che prevedono  riduzioni
temporanee degli assegni vitalizi in essere.». 
    L'intesa prevede dunque - sotto il profilo temporale  -  che  una
volta entrata in vigore la normativa sulla rideterminazione,  la  sua
applicazione concreta possa essere esclusivamente  «differita  a  non
oltre il sesto mese successivo» all'entrata  in  vigore  delle  nuove
disposizioni, ed al solo  scopo  di  consentire  «di  completare  gli
adempimenti amministrativi necessari». 
    Con le disposizioni impugnate, invece, la rideterminazione  degli
assegni vitalizi viene disposta in  maniera  temporalmente  limitata,
senza che una tale limitazione sia prevista ne' nella legge  statale,
ne' nella citata intesa. 
    In tal modo la Regione ha violato i  principi  di  uguaglianza  e
ragionevolezza ex art. 3 della Costituzione, introducendo una  deroga
alla normativa  statale  armonizzata  a  livello  nazionale  in  sede
d'intesa, con cio' prevedendo un regime limitato  nel  tempo  (cinque
anni) dei vitalizi come  rideterminati,  in  difformita'  rispetto  a
tutte le altre regioni. 
    La Regione ha violato anche il principio di leale collaborazione.
Come ha precisato  la  Corte  in  fattispecie  analoga  (sentenza  n.
58/2007), l'introduzione di  una  deroga  ad  una  intesa  raggiunta,
qualora venga disposta 
        «senza l'attivazione di ulteriori meccanismi di  cooperazione
necessari per superare l'intesa gia' raggiunta, determina una lesione
del principio di leale collaborazione. Questa  Corte  ha  piu'  volte
precisato  che  «le  intese  in  sede  di  Conferenza   Stato-Regioni
rappresentano la via  maestra  per  conciliare  esigenze  unitarie  e
governo autonomo del territorio. Ne deriva che il principio di  leale
collaborazione che si realizza mediante tali accordi,  anche  in  una
accezione minimale, impone alle parti che  sottoscrivono  un  accordo
ufficiale in una sede istituzionale  di  tener  fede  ad  un  impegno
assunto» (sentenza n. 31 del 2006)». 
    L'intesa raggiunta, quindi, concorrendo alla  determinazione  dei
principi  di  coordinamento  nella  specifica  fattispecie   prevista
dall'art.  1,  commi  965,  966  e  967  della  legge  n.   145/2018,
costituisce  vincolo  nei  confronti  della  legislazione  regionale,
concretamente violato dalle disposizioni dell'art. 1, commi 12  e  13
della legge regionale siciliana n. 19/2019, le quali invece prevedono
che la nuova disciplina introdotta nella legge regionale sia limitata
nella sua applicazione ad un periodo  di  tempo  determinato  (cinque
anni) e non costituisca, pertanto, una norma a regime, venendo  cosi'
a mutare la natura dell'intervento previsto dalla  normativa  statale
in una misura temporalmente contingente.